È il primo contatto tra paziente e terapeuta. L’obiettivo è quello di conoscersi e descrivere le manifestazioni del disagio che hanno spinto a richiedere aiuto. A questo primo incontro seguiranno altri colloqui conoscitivi, durante i quali il terapeuta raccoglierà informazioni sulla storia personale del paziente, esplorerà le motivazioni e le sue aspettative nei confronti della psicoterapia. Sulla base di un’ipotesi diagnostica, il terapeuta proporrà un trattamento da concordare con il paziente.
Il terapeuta pattuisce nella fase iniziale del rapporto col paziente il suo compenso professionale, che varia in base a diversi fattori; solitamente i primi tre incontri di conoscenza hanno un costo totale forfettario basato su tariffe minime.
Tariffe minime e massime sono indicate dall’ordine degli psicologi del Lazio.
Gli incontri durano di solito 50-60 minuti e sono a cadenza settimanale. La frequenza può cambiare nel tempo a seconda degli obiettivi concordati tra terapeuta e paziente.
Per terapie psicodinamiche o ad orientamento psicoanalitico si intende una serie di tecniche terapeutiche derivate dalla psicoanalisi fondata da Sigmund Freud. Si tratta di un insieme di pratiche e di teorie perché il movimento psicoanalitico, come peraltro altri movimenti psicoterapeutici, si è ramificato in molte Scuole.
Non esiste una durata prestabilita per il percorso psicoterapeutico e la durata non dipende dal modello adottato; hanno un peso determinante le caratteristiche individuali, gli obiettivi concordati insieme al terapeuta e come possono evolvere nel corso della terapia stessa. La psicoterapia dinamica è un trattamento aperto che durerà per tutto il tempo necessario al raggiungimento del benessere psicologico del paziente.
La scelta della frequenza a cadenza settimanale viene definita dal terapeuta in accordo col paziente. Questo setting favorisce la consapevolezza dei pensieri e delle emozioni, così come dei significati inconsci dei sintomi descritti in fase di seduta dal paziente. In base alle fasi del trattamento o alla gravità dei sintomi, il terapeuta potrà decidere con il paziente di aumentare o diminuire la frequenza degli incontri.
Il terapeuta potrà ascoltare, fare domande, confrontare nessi, fare associazioni oppure potranno esserci momenti di silenzio. È un lavoro svolto insieme, fatto di reciprocità e di costruzione di nuovi significati che necessita di un dialogo tra terapeuta e paziente in uno spazio protetto.
Se il paziente è in cura farmacologica e trae beneficio dall’assunzione dei medicinali, questo non interferisce con la terapia, può anzi essere utile per la riduzione dei sintomi del malessere e i progressi della psicoterapia.
Sì. Come cita l’articolo 11 del Codice deontologico degli psicologi italiani: «Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti.»
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